La mia divinità una notte mi disse che Eraclito fu uno con cui e tramite cui la Sapienza Divina, la Sfinge, parlò. E come la Sfinge utilizza gli enigmi, altrettanto Eraclito non discuteva dei misteri con un fiume di parole, ma lanciava frasi brevi,secche e intrise di una sapienza divina. Vere e proprio sentenze che suonano come un "Ipse Dixit". Lui stesso disse che la Sapienza non dice nè nasconde ma suggerisce. E Gesù, Sapienza manifestata, si conformò a questo modo di insegnare, affermando che egli parlava in parabole a quelli di fuori, e agli interni (esoteristi, iniziati) divulgava i misteri chiaramente. Questo è il modo di insegnare del Lisan Al Ghayb, la Voce Divina che parla a chi vuole.
I FRAMMENTI DI ERACLITO
A chi discende nello stesso fiume sopraggiungono acque sempre nuove.
Noi scendiamo e non scendiamo nello stesso fiume, noi stessi siamo e non siamo.
Non si può discendere due volte nel medesimo fiume e non si può toccare due volte una sostanza mortale nel medesimo stato, ma a causa dell'impetuosità e della velocità del mutamento si disperde e si raccoglie, viene e va.
Tutte le cose sono uno scambio del fuoco, e il fuoco uno scambio di tutte le cose, come le merci sono uno scambio dell'oro e l'oro uno scambio delle merci.
Quest'ordine, che è identico per tutte le cose, non lo fece nessuno degli Dei né gli uomini, ma era sempre ed è e sarà fuoco eternamente vivo, che secondo misura si accende e secondo misura si spegne.
Mutazioni del fuoco: in primo luogo mare, la metà di esso terra, la metà vento ardente.
L'uno, l'unico saggio, non vuole e vuole anche essere chiamato Zeus.
Esiste una sola sapienza: riconoscere l'intelligenza che governa tutte le cose attraverso tutte le cose.
Il fulmine governa ogni cosa.
Il fuoco sopraggiungendo giudicherà e condannerà tute le cose.
La natura umana non ha conoscenze, la natura divina sì.
Di questo lógos che è sempre gli uomini non hanno intelligenza, sia prima di averlo ascoltato sia subito dopo averlo ascoltato; benchè infatti tutte le cose accadano secondo lo stesso lógos, essi assomigliano a persone inesperte, pur provandosi in parole ed in opere tali quali sono quelle che io spiego, distinguendo secondo natura ciascuna cosa e dicendo com'è. Ma agli altri uomini rimane celato ciò che fanno da svegli, allo stesso modo che non sono coscienti di cio che fanno dormendo.
Bisogna dunque seguire ciò è comune. Ma pur essendo questo lógos comune, la maggior parte degli uomini vive come se avesse un propria e particolare saggezza.
L'opposto concorde e dai discordi bellissima armonia.
Congiungimenti sono intero e non intero, concorde discorde, armonico disarmonico, e da tutte le cose l'uno e dall'uno tutte le cose.
Come potrebbe uno nascondersi a ciò che non tramonta mai?
La maggior parte degli uomini non intende tali cose, quanti, in esse s'imbattono, e neppur apprendendole le conoscono, pur se ad essi sembra.
Morte è quanto vediamo stando svegli, sonno quanto vediamo dormendo.
Rispetto a tutte le altre una sola cosa preferiscono i migliori: la gloria eterna rispetto alle cose caduche; i più invece pensano solo a saziarsi come bestie.
La legge è anche ubbidire alla volontà di uno solo.
Assomigliano a sordi coloro che, anche dopo aver ascoltato, non comprendono, di loro il proverbio testimonia: " Presenti, essi sono assenti ".
Sapere molte cose non insegna ad avere intelligenza: l'avrebbe altrimenti insegnato ad Esiodo, a Pitagora e poi a Senofane e ad Ecateo.
Omero è degno di essere scacciato dagli agoni e di essere frustato, ed egualmente Archiloco.
Per quanto tu possa camminare, e neppure percorrendo intera la via, tu potresti mai trovare i confini dell'anima: così profondo è il suo lógos.
L'arco ha dunque per nome vita e per opera morte
Uno è per me diecimila, se è il migliore.
Ascoltando non me, ma il lógos, è saggio convenire che tutto è uno.
Non comprendono come, pur discordando in se stesso, è concorde: armonia contrastante, come quella dell'arco e della lira.
Pólemos è padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni disvela come dèi e gli altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.
L'armonia nascosta vale di più di quella che appare.
Maestro dei più è Esiodo: credono infatti che questi conoscesse molte cose, lui che non sapeva neppure che cosa fossero il giorno e la notte; sono infatti un'unica cosa.
Una e la stessa è la via dritta e quella curva per la vite nella gualchiera.
Una e la stessa è la via all'in sù e la via all'in giù.
Il mare è l'acqua più pura e più impura: per i pesci essa è potabile e conserva loro la vita, per gli uomini essa è imbevibile e esiziale.
Immortali mortali, mortali immortali, viventi la loro morte e morienti la loro vita.
Il dio è giorno notte, inverno estate, guerra pace, sazietà fame, e muta come il fuoco, quando si mescola ai profumi e prende nome dall'aroma di ognuno di essi.
Da questo lógos, con il quale soprattutto sono continuamente in rapporto e che governa tutte le cose, essi discordano e le cose in cui ogni giorno si imbattono le considerano estranee.
Bisogna però sapere che la guerra è comune, che la giustizia è contesa e che tutto accade secondo contesa e necessità.
La stessa cosa sono il vivente e il morto, lo sveglio e il dormiente, il giovane e il vecchio: questi infatti mutando son quelli e quelli mutando son questi.
Unico e comune è il mondo per coloro che sono desti.
Il signore, il cui oracolo è a Delfi, non dice nè nasconde, ma indica.
Ho indagato me stesso.
Comune infatti è il principio e la fine nella circonferenza del cerchio.
Qual è infatti la loro mente e la loro intelligenza? Danno retta agli aedi popolari e si valgono della folla come maestra, senza sapere che " i molti non valgono nulla e solo i pochi sono buoni ".
Il pensare è a tutti comune.
È necessario che coloro che parlano adoperndo la mente si basino su ciò che è comune a tutti, come la città sulla legge, ed in modo ancora più saldo. Tutte le leggi umane infatti traggono alimento dall'unica legge divina: giacchè essa domina tanto quanto vuole e basta per tutte le cose e ne avanza per di più.
È proprio dell'anima un lógos che accresce se stesso.
Ad ogni uomo è concesso conoscere se stesso ed essere saggio.
Per l'uomo il carattere è il demone.
Bene farebbero gli efesi ad arrampicarsi tutti, quanti sono nell'età adulta, e a consegnare la città ai fanciulli imberbi, essi che hanno esiliato Ermodoro, il più capace di tutti loro, con queste parole: tra noi nessuno sia eccellente per capacità, ma se vi è, vada altrove in mezzo ad altri.
La natura delle cose ama celarsi.
30.1.09
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